Lo spreco di cibo è una delle sfide a cui sempre più spesso, le start up, cioè le imprese più giovani, cercano di dare risposte e soluzioni. L’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano studia molte realtà e tra queste quella dell’agroalimentare. Il prossimo quattro giugno presenterà una nuova edizione della ricerca che, tra l’altro, farà il quadro sui trend di innovazione e i modelli di business emergenti per la sostenibilità sviluppati dalle startup, oltre che sulle best practice e le principali soluzioni (tecnologie, di prodotto e/o di processo) per la prevenzione e la gestione delle eccedenze alimentari nei diversi stadi della filiera. Si parlerà molto di food packaging, argomento sul quale l’Osservatorio ha intrapreso uno studio specifico.
Lo scorso anno, L’Osservatorio Food Sustainability aveva scattato una fotografia delle start up agri-food scoprendo che la creazione di valore dallo spreco alimentare è tra i principali obiettivi perseguiti da queste realtà. In tutto, in Italia sono operative 399 startup italiane e internazionali dell’agri-food nate tra la fine del 2011 e quella del 2017 e che perseguono obiettivi di sostenibilità sociale, ambientale e economica. Circa il 20% delle 2.026 startup mondiali censite come attive nell’agroalimentare. Dallo studio, il nostro Paese è emerso essere uno dei paesi con maggior densità di startup agri-food sostenibili, sebbene il suo mercato sia ancora in lenta evoluzione, data la scarsità delle risorse economiche messe in circolo. Il finanziamento medio per startup ammonta a 300 mila dollari contro i 2,4 milioni di dollari della media globale.
“Nel settore agroalimentare, innovazione e collaborazione sono gli ingredienti chiave per sistemi più sostenibili, circolari e inclusivi, in grado di ridurre lo spreco alimentare e, più in generale, puntare alla ‘trasformazione sostenibile’ delle imprese - ha spiegato Alessandro Perego, direttore del Dipartimento di Ingegneria gestionale e responsabile scientifico dell’Osservatorio introducendo la ricerca -. L’applicazione dei principi della circolarità nel settore infatti richiede nuove soluzioni per prevenire e gestire le eccedenze alimentari, innovazioni di prodotto e tecnologiche, ma anche riprogettazione dei processi gestionali e logistici, fino alla riconfigurazione dell’intera supply chain e della collaborazione tra imprese e altri attori in ottica di sistema".
Come si combatte oggi lo spreco alimentare? L'Osservatorio Sustainability spiega che molte imprese agri-food si stanno muovendo in una prospettiva di economia circolare, esplorando anche soluzioni innovative per rendere più efficienti i processi e rafforzare la responsabilità sociale d’impresa. E qualche risultato è già stato raggiunto: negli scorsi anni in Italia l’intensità con cui le eccedenze sono recuperate è cresciuta dal 7,5% del 2011 al 9% nel 2015, grazie ad una maggiore consapevolezza sociale e al diffondersi di pratiche innovative. E’ successo grazie a nuovi materiali di imballaggio per estendere la durata di vita dei prodotti, nuove tecnologie digitali per ottimizzare i processi aziendali e migliorare la gestione delle scorte alimentari, donazioni di alimenti in eccedenza da parte degli attori della filiera a favore delle organizzazioni del Terzo Settore.
La gerarchia di utilizzo delle eccedenze (Food Waste Hierarchy - FWH) permette di mettere in pratica il paradigma della circolarità del cibo, con priorità d’intervento per la destinazione d’uso: prima di tutto recupero e ridistribuzione dei prodotti alimentari in prossimità di scadenza a persone in stato di bisogno, poi recupero per consumo animale, riciclo per uso industriale, produzione di fertilizzanti e concimi, recupero energetico e, solo come ultima opzione, lo smaltimento in discarica.
Partendo da questo modello, l’Osservatorio ha analizzato le pratiche innovative di prevenzione e gestione circolare delle eccedenze nei diversi stadi della filiera agroalimentare, individuando le pratiche più diffuse e mettendo in evidenza quelle meno consolidate perché di più difficile attuazione. Tra le aziende di trasformazione, ad esempio, si segnalano best practice nel riutilizzo e ridistribuzione dei prodotti finiti in eccedenza per l’alimentazione umana, la prevenzione delle eccedenze con sales and operations planning, tecnologie digitali per tracciare data di scadenza e stato di conservazione degli alimenti, materiali di imballaggio che estendono la shelf life dei prodotti. Sono ancora poco diffuse azioni di riutilizzo delle eccedenze generate negli stabilimenti, altamente deperibili e quindi difficilmente recuperabili, che necessitano di nuovi meccanismi di collaborazione, sia di filiera che cross-settoriali.
Tra distributori e i ristoratori proliferano startup innovative che ottimizzano la gestione delle eccedenze a valle della filiera, ma rimane incerta la scalabilità di queste soluzioni e resta da lavorare sulla gestione dei resi per invenduto nei punti vendita della GDO, che richiede nuove forme di collaborazione tra trasformatori e distributori
“I casi di successo dimostrano che una riduzione degli sprechi alimentari è possibile, ma restano ambiti ancora poco battuti, in cui sussistono vincoli e barriere a soluzioni di prevenzione e gestione delle eccedenze – ha poi commentato Marco Melacini, responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. La vera sfida è passare da azioni di recupero eccellenti ma isolate e difficilmente scalabili ad una vera e propria ‘filiera del recupero’ dove si coniughino soluzioni tecnologiche, sforzi di collaborazione e razionalizzazioni dei processi e dei modelli di business, coinvolgendo attori della filiera e partner intersettoriali in un’ottica di sistema”.