Trasformare gli scarti del pesce in imballaggi anti-spreco

Spreco alimentare e tematiche ambientali sembrano argomenti lontani mille anni luce. Eppure le due cose sono profondamente legate. Uno studio recente condotto dal Joint Research Centre afferma, ad esempio, che diminuendo lo spreco di cibo si avrebbe una riduzione delle emissioni di CO2 e a un calo dei prezzi degli alimenti.

Un buon esempio di economia circolare

E poi c’è il tema dell’inquinamento da plastiche. come trasfomare i gusci dei gamberetti in bioplastica - RiciblogAnche in questo caso, le due tematiche vanno a braccetto. Perché in un colpo solo si possono combattere gli sprechi di cibo e ridurre la quantità di plastica che ha invaso il mondo e i nostri polmoni. Non è un caso se in tanti (ricercatori, start-up e scienziati) stanno lavorando da un po’ di anni a questa parte per cercare soluzioni alternative all’utilizzo della plastica. Come? Utilizzando gli scarti alimentari che andrebbero altrimenti al macero in una perfetta ottica di economia circolare. Riciblog vi ha già raccontato della pellicola che si ricava dalla spremitura della frutta, della verdura e delle piante, ma c’è anche un altro alimento che in tal senso va forte: il pesce. Ecco qualche esempio.

Gli scarti del pesce contro lo spreco alimentare e per non inquinare

Gli ultimi in ordine di tempo dei quali si è parlato sono quattro giovani sardi che, con la loro start-up Relicta, hanno creato l’omonima bioplastica. come trasformare la pelle del pesce in pellicola idrosolubile - RiciblogDavide e Matteo Sanna, Andrea Farina, Giovanni Conti e Mariangela Melino, questi i loro nomi, hanno cominciato a lavorare al progetto nel 2020 proprio con l’idea di sostituire la plastica tradizionale. Due le tipologie di materiale realizzato: una pellicola rigida e l’altra flessibile. Relicta si scioglie nell’acqua fredda nel giro di una ventina di giorni e in qualche secondo se l’acqua è calda. Compostabile, biodegradabile, inodore e buona anche per conservazione degli alimenti, la pellicola è ottenuta dagli scarti della lavorazione del pesce. Più precisamente dalla pelle del pesce dalla quale ricavare un film che si può smaltire anche solo gettandolo nel lavandino perché idrosolubile. La pellicola dovrebbe entrare in produzione a partire dal 2024.

Dai gusci dei gamberetti gli imballaggi che diventano fertilizzante

come trasformare gli scarti del pesce in bioplastica - RiciblogAnche nei laboratori del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università degli Studi di Siena si sta lavorando per realizzare pellicole e imballaggi bio ricavati dalla lavorazione degli scarti del pesce. Il progetto da cui è partita la ricerca si chiama Fish4Fish ed è sviluppato da un consorzio italo-spagnolo del quale fanno parte istituzioni e imprese private. Il biomateriale, una volta usato, non richiede smaltimenti in quanto compostabile e riutilizzabile anche come fertilizzante. I ricercatori utilizzano gli scarti del pesce e soprattutto i gusci dei gamberetti ricchi di chitina ottenendo così un polimero solubile: il chitosano. Tre gli obiettivi che questo innovativo materiale riesce a raggiungere. Il primo: si recuperano gli scarti dando mondo alle aziende della filiera di risparmiare sui costi di smaltimento. Il secondo: fa bene all’ambiente perché non si inquina. Il terzo, forse il più importante in termini di spreco alimentare, è che questo imballaggio è in grado di conservare gli alimenti allungandone la vita.

Pelle e squame di branzini e cefali per biomateriali a Km zero

come trasformare pelle e squame di pesce in pellicola bio - RiciblogBranzini e cefali, in particolare pelle e squame, rappresentano la materia prima che i ricercatori della veneziana Università Ca’ Foscari utilizzano per la produzione di una pellicola per alimenti biodegradabile. La sperimentazione punta sul riutilizzo degli scarti dei pesci locali rendendo così l’approvvigionamento a chilometro zero. Il materiale è ottimale sia per gli imballaggi sia per la conservazione dei cibi nel frigorifero. In pratica, dalle squame e dalla pelle si ottiene un collagene totalmente biodegradabile che viene poi trasformato in pellicola. Gli scienziati dell’università veneziana hanno inoltre ottenuto, sempre da squame e pelle, delle nanoparticelle di carbonio che, se utilizzate nelle pellicole, possono proteggere il cibo dai raggi UV, allungandone il ciclo di vita. Al progetto, lavora un team di ricercatori del Dipartimento Scienze Molecolari e Nanosistemi, guidato dal professor Maurizio Selva.

Negli Usa un materiale biodegradabile da gamberetti e seta

una bioplastica ottenuta dai gusci di gamberetti e setaNaturalmente, sperimentazioni analoghe a quelle italiane si registrano anche all’estero. Ne è un esempio, Shrilk, solo per citarne uno. Shirilk è una bioplastica alla quale lavorano i ricercatori del Wyss Institute at Harvard specializzato nello sviluppo di materiali del futuro. La bioplastica è prodotta lavorando una miscela fatta con i gusci dei gamberetti, contenenti chitosano, e proteine della seta. Il materiale è biodegradabile e resistente anche in presenza di umidità. Il nome della bioplastica si deve ai due ingredienti utilizzati: shrimps (gamberetti in inglese) e silk (seta). Viene da chiedersi come mai tutte questi innovazioni non siano ancora state messe sul mercato. La risposta che generalmente viene data è che stiamo parlando di processi produttivi molto costosi. Giusto. Ma in prospettiva quanto si potrebbe risparmiare in termini di spreco alimentare, di salute, di inquinamento ambientale e di costi?

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