A che punto è, in Italia e non solo, il contrasto allo spreco del cibo? Fa progressi un po’ su tutti i fronti grazie alle iniziative delle Pubbliche amministrazioni locali, ai progetti di onlus assiduamente attive su questo fronte come Banco Alimentare, alle istituzioni che si sono fatte carico del problema come l’Unione Europea, ai programmi sul tema di aziende di buona volontà. Non sono poche.
Il quadro si delinea grazie a indagini e ricerche pubblicate sul tema, alcune delle quali aiutano a configurare lo scenario nella sua evoluzione e negli eventuali progressi.
Lo spreco alimentare nell’Unione Europea: 132 kg per abitante
Partiamo dallo stato dell’arte nell’Unione Europea area per la quale sono stati recentemente diffusi dati ufficiali sullo spreco alimentare nel 2022.
Nel 2022, dunque, sono stati sprecati mediamente 132 kg di cibo per abitante. E in totale, l’UE ha generato 59,2 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, tra parti commestibili e non commestibili. Interessante la classificazione dalla quale si evince quale sia realmente la quota di scarto alimentare effettivamente prodotta da ogni individuo all’interno dell’Ue: i rifiuti domestici rappresentano il 54% di tutti gli sprechi alimentari il che significa l’equivalente di 72 kg per abitante.
Il restante 46% sono rifiuti generati a monte della filiera alimentare: 19% dalla produzione di prodotti alimentari e bevande (25 kg per abitante), 11% da ristoranti e servizi di ristorazione (15 kg per abitante), 8% nel commercio al dettaglio e altre distribuzioni di generi alimentari (11 kg per abitante), e l'8% nella produzione primaria (10 kg per abitante).
Nel settore agricolo si dona il 34% delle eccedenze
Lo scarto può essere “salvato”, quando possibile (in Italia lo è grazie alla Legge 166, detta Legge Gadda), ed è ciò che sta avvenendo in modo sempre più diffuso grazie ai tanti progetti messi in campo sui diversi fronti. Un’indagine promossa da Fondazione Banco Alimentare e realizzata dal Food Sustainability Lab della School of Management del Politecnico di Milano, e da Fondazione per la Sussidiarietà - presentata durante l'incontro Reunion - ha misurato il grado di eccedenze generate dal settore agricolo e la sua capacità di donarle. Capacità che arriva al 34% circa del totale prodotto. E sono il 18% le imprese che scelgono di valorizzare le proprie eccedenze alimentari salvandole dallo spreco con la pratica della donazione.
Con i dati raccolti sono state effettuate stime del numero di donatori e della quantità di prodotti donati nella popolazione di riferimento, cioè tutte le imprese italiane dell’agricoltura attive nelle categorie di prodotti per il consumo umano (escluso il vino) e con forma giuridica società di capitali, cooperative o consorzi.
Cosa succede delle eccedenze alimentari generate e raccolte? Se ancora buone possono essere donate a scopo sociale, ma possono anche essere destinate ad altre forme di riuso per il consumo umano o all’alimentazione animale. La stima della quantità totale delle eccedenze valorizzate nel comparto dell’agricoltura italiana, comprensive di donazioni e altre forme di riuso, è pari a 637.730 tonnellate in un anno, ovvero il 1,2% della produzione totale del settore agricolo italiano. Di queste eccedenze 218.937 tonnellate (34%) sono donate a scopo sociale, prassi ancora relativamente poco diffusa (dona il 18% delle aziende) e 418.793 (66%) valorizzate con altre forme di riuso.
I produttori di ortaggi sono i più virtuosi
Per quanto riguarda le eccedenze donate a scopo sociale (le 218.937 tonnellate di cui sopra) l’indagine precisa ancora che i produttori di ortaggi sono i più virtuosi per diffusione della donazione (30% delle imprese) e per quantità donate, mentre le imprese che producono e processano frutti oleosi (come le olive) sono la seconda categoria per diffusione della donazione (23% delle imprese); il 20% dei produttori di frutta effettua donazioni delle proprie eccedenze e sia le imprese produttrici di cereali sia gli allevatori ricorrono alla donazione con una frequenza dell’11%.
La parte di eccedenze che non viene donata o riusata per il consumo umano è definita spreco alimentare. I materiali e i prodotti che ne fanno parte possono comunque essere ancora valorizzati per fini ambientali, attraverso pratiche di riciclo o di recupero di energia e materiali, insieme a scarti e residui non riusati, inclusi i sottoprodotti non edibili separati dai prodotti alimentari.
"La nostra ricerca mette in evidenza che alcune specifiche barriere frenano la partecipazione degli agricoltori e dei loro partner non-profit alla pratica della donazione e del recupero - ha precisato Paola Garrone, Professoressa di Business and Industrial Economics e Responsabile Scientifico del Food Sustainability Lab della School of Management del Politecnico di Milano -. Oltre alla intrinseca deperibilità e stagionalità di molte produzioni, sfide a cui trovare risposta sono i costi e tempi significativi per la raccolta e l’avvio alla donazione e la presenza di opzioni alternative per la valorizzazione delle eccedenze e dei residui. Per sbloccare il potenziale di donazione ancora inespresso nell’agricoltura italiana potrebbero essere decisivi interventi quali la semplificazione delle politiche che favoriscono tale pratica, la sensibilizzazione degli agricoltori circa la diffusa e pronta capacità di recupero delle organizzazioni non-profit, il sostegno alla sperimentazione di modelli innovativi e collaborativi per il recupero delle eccedenze in agricoltura”.
Chi dona e chi riceve
Ma quali sono le imprese donatrici e quali gli enti a cui si rivolgono? L’analisi statistica realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà sulla base dei dati raccolti dal Politecnico ha approfondito questo aspetto: “Dalla nostra analisi emerge che la propensione a donare è legata a una certa concezione del ruolo dell’impresa - ha fatto sapere Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà -. Nel complesso, donano di più le imprese strutturate, che hanno attività di trasformazione e sono già organizzate in termini di sostenibilità e di misurazione delle eccedenze. Donare non è quindi la conseguenza di una gestione inefficiente che genera sprechi, ma una scelta consapevole e perseguita in modo strutturale”. Sono le cooperative di consumo e i consorzi gli enti più generosi: donano tre volte tanto le altre imprese; le aziende che donano posseggono una certificazione di qualità e una certificazione di sostenibilità nella misura di una volta e mezza rispetto alle altre imprese, e hanno al loro interno un responsabile delle eccedenze nella misura di tre volte e mezzo in più. Rispetto agli altri enti che raccolgono eccedenze, il Banco Alimentare riceve leggermente di più (1,1 vote). Inoltre, le aziende più grandi e dotate di certificazione di qualità (certificazione Gap) scelgono il Banco Alimentare in misura nettamente più elevata degli altri enti (17 e 6 volte rispettivamente).
Banco Alimentare e le 119.000 tonnellate di alimenti salvati allo spreco
Impegnato quotidianamente a intercettare cibo ancora buono perché non vada sprecato, Banco Alimentare costruisce relazioni con i soggetti della filiera agroalimentare da un lato e quelli istituzionali dall’altro. In tutta Italia sono 7.600 le organizzazioni partner territoriali con cui è convenzionate - tra mense, centri di accoglienza, case-famiglia, etc - che offrono aiuto alimentare a 1.800.000 persone in difficoltà. A loro Banco Alimentare ha fatto arrivare nel 2023 oltre 119.000 tonnellate di alimenti, in parte salvate dallo spreco, in parte derivate da programmi nazionale ed Europeo di aiuto alimentare, per la distribuzione gratuita agli indigenti. “Lavoriamo quotidianamente per offrire alle persone in difficoltà un paniere di beni nutrizionalmente bilanciato - ha commentato Giovanni Bruno, Presidente di Fondazione Banco Alimentare - che possa comprendere generi alimentari come frutta e verdura, fondamentali per una dieta sana, ma sempre molto difficili da recuperare”.
Ristorazione collettiva europea: spreco ridotto del 25% in 5 anni
Lasciando il comparto agricolo, una ricerca dell’International Food Waste Coalition (IFWC) accende una live sul fronte europeo della ristorazione collettiva, relativamente alle imprese che partecipano al suo programma e che, negli ultimi cinque anni hanno ridotto gli sprechi alimentari del 25%. I dati riportati mostrano una media di 81 grammi di rifiuti per copertura, segnando una diminuzione del 5% rispetto al 2022 e una riduzione di oltre il 25% rispetto al 2019.
Tutti i settori stanno mostrando progressi positivi, con progressi particolarmente evidenti nell’amministrazione e nell’istruzione. Nel settore dell’istruzione, questi miglioramenti sono in gran parte guidati da una maggiore precisione nella previsione del numero degli ospiti, consentendo aggiustamenti più efficienti nella preparazione del cibo. Si prevede che il crescente utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale predittiva e di applicazioni di pre-prenotazione favorirà ulteriormente la tendenza positiva.
Non solo: dal 2019, il numero di siti di ristorazione collettiva che segnalano gli sprechi alimentari utilizzando la metodologia IFWC è cresciuto costantemente e ora supera le 3.800 sedi in 16 paesi. Ciò rappresenta il 15% dei siti membri della coalition. Parimenti, anche l’indice di ritenzione è migliorato, raggiungendo il 77% nel 2022. Ciò indica che il monitoraggio degli sprechi alimentari viene rapidamente integrato nella routine di un sito una volta introdotto.
Sebbene siano stati compiuti progressi impressionanti, sono necessari ulteriori sforzi, soprattutto nell’attuazione di misure aggiuntive per monitorare gli sprechi alimentari in tutte e tre le aree chiave: preparazione, servizio e rifiuti dei piatti. Inoltre, un’analisi dei siti più performanti dell’IFWC rivela che il 70% dei siti membri ha il potenziale per ridurre lo spreco alimentare di un ulteriore 50%. Poiché sempre più siti adottano pratiche coerenti e precise di misurazione degli sprechi alimentari, IFWC rimane fermamente impegnata nel suo obiettivo di raggiungere una riduzione del 50% degli sprechi alimentari entro il 2025, basandosi sulle pratiche di successo impiegate dai leader del settore.
Too Good To Go amplia il raggio d'azione delle surprise bag
Proprio nell’ambito della ristorazione collettiva, in Italia, si registra una novità grazie alla collaborazione tra FIPE-Confcommercio, la Federazione italiana Pubblici Esercizi, e Too Good To Go, l’azienda a impatto sociale impegnata nel contrasto dello spreco alimentare. Un Protocollo d’intesa recentemente siglato promuove la realizzazione di iniziative comuni finalizzate al contrasto di qualsiasi forma di spreco alimentare come ulteriore tassello nel percorso della Federazione finalizzato a mettere a disposizione delle imprese conoscenza e strumenti per il contrasto dello spreco alimentare. Si aggiunge infatti all’iniziativa sul “Rimpiattino”, la doggy bag all’italiana, e al sostegno all’Osservatorio Waste Watcher, che evidenzia quanta strada ci sia ancora da fare per ridurre lo spreco: infatti, nel 2024 in Italia sono finiti nella spazzatura 683,3g di cibo pro-capite, con una crescita del 45,6% nell’ultimo anno.
Grazie all’accordo con Too Good To Go, i Pubblici Esercizi associati alla Federazione potranno gestire le eccedenze alimentari con vantaggi sia per l’azienda che per i consumatori e, soprattutto, evitando che il cibo diventi spreco alimentare. Le rimanenze a fine giornata di bar, pasticcerie ed altre attività di ristorazione verranno confezionate nelle Surprise Bag, in vendita a prezzo ridotto e prenotabili dai clienti attraverso l’app di Too Good To Go.