La spreco alimentare si combatte soprattutto tra le mura domestiche ma anche gli scarti prodotti dalla filiera agroalimentare incidono pesantemente sul fenomeno.
L’ultima indagine dell’Ossevatorio Waste Watcher ha quantificato in 30 kg pro capite la quantità di cibo sprecato annualmente, con un costo per famiglia di 290 euro all’anno.
Lo studio ha anche stimato in più di 7 miliardi e mezzo di euro il valore degli alimenti buttati nella spazzatura dalle famiglie e in 13,5 miliardi di euro quello generato dall’industria agroalimentare.
Proprio da quest’ultimo settore sono nate negli ultimi anni diversi progetti che hanno l’obiettivo di reimpiegare le eccedenze alimentari per nuovi utilizzi, dando così un impulso importante alla cosiddetta economia circolare.
Riciclare gli scarti non è fantascienza
I ricercatori dell’Università di Manchester, ad esempio, hanno creato con la fecola di patate e un'aggiunta di sale un nuovo materiale, lo StarCrete, che potrebbe servire per costruire in futuro case su Marte e sulla Luna. Con le stesse finalità, lo studio di architettura americano Red House lavora con il Mit (Massachusetts Institute of Technology) e con la Nasa per costruire nello spazio abitazioni fatte di funghi e alghe disidratate. Sembra fantascienza ma non lo è. Come dimostrano le tante esperienze che utilizzano per diversi impieghi, anche non alimentari, gli scarti prodotti dall’industria agroalimentare. Come ad esempio, le fibre realizzate con le bucce di arancia, gli indumenti fatti con gli scarti del latte, la pelle sintetica ottenuta dalle bucce dell’uva. Ma, negli anni, altri progetti sono nati e cresciuti. Tutti con l’obiettivo di trasformare gli scarti in risorsa. Eccone cinque.Il pistacchio di Bronte per una pelle giovane
Se del fico d’india non si butta via niente, la stessa cosa si può dire anche del pistacchio. E dove hanno pensato di riutilizzare i suoi scarti? Non poteva essere che a Bronte, patria di questa pianta il cui nome scientifico è Pistacia Vera, considerato l’‘oro verde’ del territorio. Kymia è invece il nome della start up fondata da Arianna Campione, medico odontoiatrico specializzato in medicina estetica, che ha avuto l’intuizione di utilizzare il mallo del pistacchio per trasformarlo in un potente antiossidante utile a contrastare l’invecchiamento della pelle. Il mallo del pistacchio è una sostanza gommosa che ricopre il grappolo al momento della maturazione e rappresenta il 35/45% degli scarti ottenuti durante la lavorazione del frutto. Così, in Kymia, attraverso una tecnologia innovativa, il mallo viene trasformato in una materia prima, brevettata da Arianna Campione. Si chiama Pistactive-F® ed è utilizzata, appunto, nella cosmetica. Il progetto, realizzato con anche la collaborazione dell’Università di Catania, ha dato vita a una linea di cosmetici anti-età che, a giudicare dai risultati ottenuti, ha dimostrato un’efficacia antiossidante il 40% più potente rispetto a quella dell’uva, l’ingrediente naturale maggiormente usato in cosmetica.Carta e bioplastica green dagli scarti alimentari
“Promuoviamo un futuro sostenibile utilizzando in modo innovativo scarti agro-alimentari” si legge sull’home page di Bi-rex, progetto nato nel 2018 nei laboratori del Politecnico di Milano, quando due ricercatrici sono riuscite a isolare la cellulosa e la chitina dalle biomasse. Così, nel 2022, è stata fondata la start up Bi-rex che, nel tempo, ha avuto diversi finanziamenti sino ai 250mila euro ottenuti nel 2023 tramite Safe, uno strumento, e più precisamente un contratto, che aiuta le nuove imprese a ricevere fondi dagli investitori. Il processo ideato dalle ricercatrici di BI-rex permette di estrarre la cellulosa dagli scarti di alimenti come, ad esempio, le arance, la birra e il riso. La cellulosa viene poi impiegata per ottenere la carta, risparmiando dal taglio gli alberi dei quali c’è un grande bisogno per combattere l’inquinamento e i danni causati dal cambiamento climatico. Analogamente, in BI-rex, dai gusci dei crostacei, lavorati con particolari solventi, si produce una bioplastica interamente verde. Il processo, non solo rimette in circolo scarti giudicati di poco valore, ma evita l’utilizzo degli inceneritori, riducendo le emissioni del 70%.Imballaggi biodegradabili dalla lolla dei cereali
L’azienda tedesca Proservation ha invece sviluppato Recue, materiale per gli imballaggi ottenuto dalle bucce del grano e dalla ‘lolla’, ovvero lo scarto prodotto in gran quantità dalla lavorazione dei cereali. Recue è un materiale totalmente biodegradabile, si ottiene con processi a basso consumo energetico e può essere smaltito nei rifiuti organici. Grazie alle sue straordinarie proprietà, Recue può essere così impiegato per imballaggi a impatto zero, al posto di altri materiali derivati dal petrolio, come nel caso del polistirolo. Di conseguenza, con l’impiego di Recue si aiuta l’ambiente, si risparmia denaro, dati i bassi costi di produzione, e si possono creare soluzioni sostenibili e su misura per i diversi utilizzi.Se il carciofo si trasforma in farine salutari
Dare valore agli scarti dell’industria agroalimentare e combattere gli sprechi è anche la mission di Circular Fiber, start up veneto-friulana, con sede legale a Pordenone, fondata da Nicola Ancillotto e Luca Cotecchia. L’azienda opera sulla consapevolezza che, nell’Unione europea, il 30% della produzione di frutta e verdura viene sprecato, con conseguenti danni economici e ambientali. Circula Fiber si è per ora focalizzata in particolare sulla produzione della farina Karshof, ottenuta dagli scarti del carciofo. Scarti che rappresentano il 60% del raccolto con punte del 75% se si parla di usi industriali. Così è nata Karshof, l’innovativa farina ad alta digeribilità, ricca di fibre, di proteine e con un forte potere antiossidante. Ottima per fare il pane, la pizza, dolci e pasta, Karshof rappresenta un’alternativa salutare e sostenibile alle farine tradizionali. Oltre che ottima per i celiaci, i vegetariani e i vegani. Come evidenziato sul sito dell’azienda, si conferma ancora una volta la bontà del postulato di Lavoisier che “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. In cosa? “In prodotti di valore”.Farina di alta qualità dagli avanzi del latte vegetale
Facendo un salto oltreoceano, e più precisamente a San Francisco, troviamo Renewal Mill. Anche l’azienda californiana dà vita a prodotti a base vegetale attraverso gli scarti della filiera agro-alimentare. Obiettivo: creare un’economia circolare che eviti sprechi e contribuisca a ridurre l’impatto sull’ambiente.Renewal Mill ricicla così gli scarti alimentari per trasformali in farine di alta qualità a base vegetale. In particolare, l’azienda americana utilizza gli ingredienti provenienti dalla lavorazione del latte vegetale, come ad esempio il riso, la soia o l’avena.
Gli scarti vengono essiccati e macinati per creare farine senza glutine e ricche di fibre, salutari, facili da miscelare e ovviamente ottime per la preparazione di dolci e quant’altro.